Autore: Marcus
Zusak
Editore: Frassinelli
Pagine: 403
Prezzo: 17,90
€
Lingua:
Italiano
TRAMA
L'esistenza
di Ed Kennedy scorre tranquilla. Fino al giorno in cui diventa un eroe. Ed ha
diciannove anni, una passione sfrenata per i libri, un lavoro da tassista
piuttosto precario che gli permette di vivacchiare, e nessuna prospettiva per
il futuro. Quando non legge, passa il tempo con gli amici giocando a carte
davanti a un bicchiere di birra o porta a spasso il Portinaio, il suo cane, che
beve troppo caffè e puzza anche quando è pulito. Con le donne non è particolarmente
disinvolto, perché l'unica ragazza che gli interessi davvero è Audrey, la
ragione per cui è rimasto in quel posto senza vie d'uscita. Capace di colpirlo
al cuore con una frase: «Sei il mio migliore amico». Non serve una pallottola
per uccidere un uomo, bastano le parole. Tutto sembra così tremendamente
immutabile: finché il caso mette un rapinatore sulla sua strada, e Ed diventa
l'eroe del giorno. Da quel momento, comincia a ricevere strani messaggi scritti
su carte da gioco, ognuno dei quali lo guida verso nuove memorabili imprese. E
mentre Ed diventa sempre più popolare, mentre nota una luce diversa negli occhi
di Audrey e la gente lo saluta per strada, inizia a domandarsi: da dove
arrivano i messaggi, chi è il messaggero? Come "Storia di una ladra di
libri", Io sono il messaggero è un romanzo pieno di poesia e ironia. Con
il suo stile unico, Markus Zusak sa raccontare la vita delle persone comuni in
modo straordinario, dando un senso speciale anche alla più ordinaria delle
esistenze: perché sono i piccoli gesti di altruismo a renderci eroi quotidiani.
RECENSIONE
Questo è
uno di quei libri difficilissimi da recensire, non solo a causa della
difficoltà di descrivere un libro con un significato profondo ma anche a causa
della necessità di misurare le parole per non “spoilerare” svolte essenziali.
Partiremo
col dire che Zusak ha creato un altro capolavoro, ancora una volta per niente
comune, in cui la sua immensa capacità narrativa è un invito alla riflessione e
al confronto. E attraverso questa recensione cercheremo di toccare i punti
salienti che rendono questo libro un “must read” per tutti.
Ci sono
due cose che la sinopsi non dichiara apertamente. La prima, è che Ed ha una
passione sfrenata per i libri, ma nel romanzo questa non è una caratteristica
necessaria allo svolgimento della vicenda, ci mostra solamente quanto il
protagonista sia un comunissimo ragazzo.
La
seconda, importantissima, è che le imprese che Ed compie non sono tutte
assolutamente memorabili. Ed non si trasforma da un giorno all’altro in
Superman e non salva il mondo in 24 ore, semplicemente è costretto dalle
circostanze a guardarsi dentro e a decidere che tipo di uomo vuole essere.
Ed
Kennedy è un protagonista sfigato, ordinario, con pare e complessi, che
sopravvive alla vita più che viverla.
“Per la
cronaca: mi chiamo Ed Kennedy. Ho diciannove anni. Sono un tassista anche se
non ho l’età per fare questo lavoro. Sono il classico ragazzo di periferia,
senza grandi prospettive o possibilità. A parte questo, leggo più libri di quelli
che dovrei, faccio schifo a letto e non so compilare la dichiarazione dei
redditi. Piacere di conoscervi.”
L’essere
uno sfigato è probabilmente il punto fondamentale nel libro. Ed non è il tipo
di protagonista che ti aspetti possa essere interessante: è mediocre,
introverso e, quando non lavora, passa le sue giornate a giocare a carte con
gli amici o a tener compagnia a un cane puzzolente. E’ innamorato della sua
migliore amica, che preferisce tutti tranne lui e nessuno si aspetta che Ed
possa raggiungere un qualsiasi obiettivo.
Tuttavia,
come vedete, Ed si presenta esattamente per quello che è, e l’ironia con cui
dice queste parole è la stessa con cui sventa la rapina che darà inizio alla
vicenda e la stessa che accompagna tutto il romanzo.
Quando Ed
diventa un eroe della città, tutti ne sono fieri. Tuttavia noi lettori
vediamo, attraverso la narrazione, quanto il rapinatore sia un incapace. Siamo quindi portati a ritenere che Ed sia solamente stato molto fortunato e non abbia
compiuto un atto particolarmente eroico. Nonostante la vera ragione del suo
successo, da quel momento, inizia a ricevere delle carte da gioco,
apparentemente senza un motivo, con degli indizi scritti sopra (indirizzi,
indovinelli, numeri, ecc…) e inizia, al di fuori della sua quotidianità, a
seguire le indicazioni date da queste carte. Tuttavia, le domande si
accumulano. Chi le spedisce? Perché proprio a lui?
E la
domanda che più lo assilla: Io cosa dovrei fare per queste persone? A suo
malgrado, il nostro Ed diventa il messaggero.
Ma il
messaggio da consegnare e il come consegnarlo, sta a lui scoprirlo.
Inizia
quindi, anche a costo di risultare un guardone, a studiare i “destinatari”,
come vivono, che problemi hanno, qual è la cosa di cui hanno più bisogno al
momento.
Non
sbagliatevi, non diventa uno degli Avengers. E’ sempre il solito sfigato.
Tuttavia, nel corso del libro, tramite le carte, che lo porteranno a volte a
contatto con situazioni tragiche, a volte a compiere normali atti di
beneficenza; Ed cresce e si evolve, diventa più consapevole del mondo e delle
persone che gli stanno intorno e, allo stesso modo, il lettore con lui.
“Marv non tace un secondo, se ne sta lì seduto
cercando di fumare sigari e di gustarseli. Ritchie non dice una parola, e mette
in mostra quel ridicolo tatuaggio sul braccio destro. Non molla
un attimo la sua bottiglia di birra dal collo lungo, da cui ogni tanto prende
un sorso, e si tocca le basette che sembrano incollate a chiazze sulla sua
faccia da ragazzino. E poi c’è
Audrey, che si piazza sempre di fronte a me, ovunque ci ritroviamo a giocare.
Ha i capelli gialli, le gambe sottili e scattanti, il più bel sorriso storto
del mondo e fianchi da sballo, e guarda un sacco di film. Oh, e fa la tassista.
Infine ci
sono io.”
Un’altra
cosa che spicca nel libro è il legame tra i protagonisti, il rapporto tra i
quattro è particolarmente interessante perché, nonostante tutto, hanno
un’accettazione completa l’uno dell’altro e non è una cosa che si vede nei
nostri rapporti di tutti i giorni.
Audrey è
una collega di Ed e sua amica da anni, in quanto vicini di casa da tutta la
vita. Ferita da una storia familiare complicata, si rifiuta di amare e passa
ogni notte con un uomo diverso, che chiaramente non è Ed. Anche quando è
evidente che lui ha un grosso peso sulle spalle, Audrey capisce che è una sfida
che deve affrontare da solo, ma rimane presente e lo sostiene nonostante non
sappia cosa stia succedendo.
Marvin è
il migliore amico di sempre di Ed ed è pieno di difetti: è un incapace,
spiritoso in momenti inopportuni (per esempio quando un rapinatore gli sta
puntando una pistola alla testa), stronzo e tirchio - la sua macchina, infatti,
è dell’anteguerra ma lui non ha intenzione di cambiarla e non sopporta che
qualcuno la sfotta -. Tuttavia, nel corso della vicenda, si scoprono le ragioni
del suo comportamento e il lettore inizia a vederlo sotto una luce diversa.
Ritchie è
il meno intelligibile tra i quattro. E’ pigro, silenzioso di natura, non ha un
lavoro e sembra contento di scorrazzare tutto il giorno di pub in pub e fare
scommesse. Ma anche lui ha bisogno dell’aiuto di Ed e il nostro protagonista
non esita a dargli una scrollata. Tutti i personaggi di Zusak sono molto
complessi e questi non fanno eccezione, non si può mai giudicarne uno prima di
aver finito il libro, perché sicuramente una svolta inaspettata svelerà al
lettore il loro vero essere.
“ <Sei
una specie di santo o qualcosa del genere?> Dentro di me rido. Io? Un santo?
Elenco le cose che sono. Un tassista. Un fannullone. La pietra angolare della
mediocrità. Una nullità a letto. Un patetico giocatore di carte. Queste sono le
ultime parole che le dico: <No, non sono un santo, Sophie. Sono soltanto uno
stupido essere umano come tanti>.”
Leggendo
i libri di Zusak si capisce come la concezione dell’essere umano, nella sua
mente, sia molto contorta. Anche in “Storia di una ladra di libri” è
ricorrente. Di primo acchito viene da pensare che l’autore odi la razza umana,
per com’è descritta nei due romanzi, mediocre e inutile. Tuttavia durante il
libro spicca come, attraverso i protagonisti, l’autore le dia sempre una
possibilità per cambiare le cose, per mettersi in gioco e mostrare il meglio
della razza umana. Una cosa è certa, in entrambi i romanzi, i protagonisti sono
le due eccezioni che rendono il libro speciale e significativo.
Zusak è
certamente uno dei nostri scrittori preferiti, non solamente per le storie che
scrive ma anche perché ha uno stile di scrittura unico. Riesce a immedesimarsi
totalmente nei suoi personaggi, cosicché quando il narratore è un personaggio
“elevato”, come può essere la Morte in “Storia di una Ladra di Libri”, lo stile
che utilizza è poetico e intricato, mentre quando il narratore è un personaggio
normalissimo come Ed, che probabilmente non ha neanche finito il liceo, vive in
periferia e ha problemi familiari, utilizza uno stile più immediato (ma mai
privo di un significato profondo).
L’autore
riesce ad immergere il lettore nella trama (anche se, come appunto nel libro,
può risultare strana e irrealistica) in un modo sempre significativo e
meraviglioso. Lo stile di Zusak è unico, condito di frasi ad effetto che filano
con il discorso e colpiscono dentro, senza mai diventare melenso.
“A volte
le persone sono belle. Non per come sembrano.
Non per
come parlano. Proprio per quello che sono.”
La cosa
che vi colpirà davvero in questo libro è il finale. Solo in quel momento, tutto
sembrerà chiaro. E’ un libro davvero consigliatissimo!
Nessun commento:
Posta un commento